Un tonfo secco.
Un rumore di vetri che vanno in frantumi.
Così, il vecchio lampadario che da tempo ciondolava precario dal soffitto, disperatamente
aggrappato a dei cavi consunti, si è infine arreso all'irresistibile forza della gravità.
Frammenti e schegge scintillano nell'ombra della camera da letto, come stelle di una
galassia appena nata.
Peppi, l'anziano e baffuto padrone di casa, si precipita al piano di sopra per vedere cos'è
appena successo.
Apre di scatto la porta della camera e accende la luce.
Ma non si accende un bel niente.
«Ecco! Lo sapevo!» si infuria Peppi, riuscendo a malapena a trattenere una bestemmia che
gli sale dall'esofago.
«Sapevo che il lampadario andava aggiustato! E io: “domani!”» borbotta mentre esce dalla
stanza buia: «Domani...Domani...Domani...»
Rientra goffamente dalla porta con in una mano una scopa spelacchiata.
«Domani...Domani...Domani...» continua a ripetere nell'ombra, mentre allunga un braccio
verso la sagoma di un'abat-jour posizionata sul comodino accanto alla porta.
«Ma il domani non ha mica le mani!»
Dopo qualche tentativo, Peppi trova finalmente l'interruttore della piccola lampada.
Lo preme.
La stanza, come per magia, si illumina a giorno.
Subito, i folti baffi dell'anziano padrone di casa si drizzano come le orecchie di un gatto:
sul letto è apparsa una donna, placidamente seduta a gambe incrociate.
Indossa una lunga veste dorata che scintilla alla luce della lampada.
La sua sagoma sinuosa è impreziosita da numerosi gioielli.
«Beata Vergine!» esclama Peppi.
«Mi ha confusa con un'altra...» risponde la misteriosa donna.
Dal suo viso fresco, decorato da un trucco regale, traspare una saggezza millenaria.
Peppi si mette a squadrarla con occhi tondi.
La montatura dei suoi occhiali è ormai scesa fino alla punta del naso, ma il vecchio è così
sbalordito da quell'improvvisa apparizione da non farci neppure caso.
Un tremore muove la sua voce:
«Lei chi è?!»
Ma prima ancora che la misteriosa sconosciuta possa rispondere, il vecchio le punta
minacciosamente addosso il manico della scopa.
«Ho capito!» esclama in un bagliore. «Lei è venuta qui per sedurmi!»
Come uno spadaccino che si appresta al duello, Peppi le danza di fronte con la scopa
sguainata.
Dal letto, la donna lo osserva immobile, interdetta.
«Fa finta di niente, ma io lo so...Lo so!» prosegue, pungolando l'aria con delle stoccate
legnose. «Lei è venuta qui nella mia stanza per approfittarsi di un povero vecchio come
me...»
Peppi arrossisce e si lecca i baffi, in preda ad un impeto di eccitazione fantozziana.
Ma subito si riprende:
«...E vuole portarsi via tutti i miei soldi!»
«Non dovrebbe tenere troppi soldi in casa!» lo ammonisce prontamente la forestiera.
«Ecco! Li ha già trovati!» si dispera Peppi. «Forse mi ha anche drogato...E ha già
approfittato di me...»
Le si avvicina, sollevando le pantofole con dei passi malandrini:
«Ha già approfittato di me?»
«No.» risponde secca la donna.
«Chiamo la polizia!» tuona il vecchio, che pianta lì la scopa e si dirige al piano di sotto.
Peppi raggiunge il telefono in salotto, ma anche qui si ritrova di fronte la misteriosa
intrusa: stavolta se ne sta comodamente seduta sul divano, come fosse magicamente
discesa dal soffitto.
Peppi ha un collasso.
Le sue coronarie, ormai deteriorate dall'inesorabile trascorrere degli anni, non gli
permettono più di reggere certi scherzi della vita.
Il suo gracile corpo indietreggia e trova infine sostegno nello stipite della porta.
«Sono pazzo...Sto morendo...» annaspa. «Signore, sento che mi stai chiamando!»
«Crede nel Signore, ora?» lo imbecca la donna, con sarcasmo.
«Perché?» le risponde Peppi, irritato. «Io sono un buon cristiano!»
«Se le bestemmie fossero preghiere, sì! Sarebbe un ottimo cristiano!» replica lei, dal sofà.
«Ma lei cosa ne sa di me??» si oppone Peppi, con quella poca forza che gli è rimasta nelle
deboli ginocchia tremolanti.
Poi crolla a terra, in un inchino di supplica:
«Ora ho capito...» piagnucola, rivolto alla misteriosa entità seduta sul divano. «Mi perdoni
se l'ho scambiata per una sconfort!»
«Una escort.» lo corregge lei.
«Sì, una tro»
«Non si preoccupi!» lo interrompe la donna. «All'inizio, tutti mi scambiate per una escort!»
«Sì, ma ora lo so che lei è»
«Non sono neppure l'Angelo della Morte!» lo interrompe di nuovo.
«E allora chi è?» domanda confuso il vecchio, sollevando lo sguardo verso di lei.
Con un movimento imperioso, la donna si alza dal divano e rivela:
«Io sono un Genio!»
«Un genio?!» ripete Peppi con stupore. «Come Einstein?»
«Non QUEL genio!» risponde lei, senza scomporsi. «Io esaudisco desideri!»
«Ah!» esclama Peppi. «Come una escort!»
«Non QUEI desideri!» risponde lei, scomponendosi.
«Ah! Peccato...»
La magica entità si sposta al centro del salotto: ogni suo passo ha qualcosa di
straordinario, che cattura lo stupore dietro le tonde lenti di Peppi.
«Ho vissuto per più di cinquant'anni dentro un lampadario da due soldi...»
«Da due soldi?» ripete il vecchio, un poco stizzito. «Ma se l'ho pagato una fortuna!»
La Geniessa lo gela:
«Si fidi, era una patacca. Per cinquant'anni ho dovuto fare il bagno nell'acqua fredda,
perché in quel cavolo di lampadario mancava il riscaldamento!»
«Però le è venuta una bella pelle, signora Genia...»
«Signorina!»
«Mi perdoni, signorina Genia!» si inchina Peppi, rispettosamente.
I suoi folti baffi si arricciano e un'idea balorda inizia a balenargli dietro le tonde lenti degli
occhiali:
«Qui il riscaldamento funziona benissimo...Se vuole, signorina...Per me sarebbe un
privilegio lasciarle usare la mia vasca...»
La signorina Genia, spazientita dai piccanti pensieri dell'anziano padrone di casa, batte il
pollice contro l'orecchino di quarzo nero che le pende dall'orecchio sinistro, facendolo
oscillare.
Il pigiama di Peppi prende improvvisamente fuoco.
«Aiuto!» implora il vecchio, mentre si contorce tra le fiamme ardenti. «Mi perdoni! Non lo
farò più!»
La potente Geniessa ride come se non avesse riso per cinquant'anni.
Batte di nuovo il pollice sull'orecchino e le fiamme scompaiono.
Il pigiama di Peppi è ancora intatto e sulla sue pelle raggrinzita non è rimasta nemmeno
una bruciatura.
«Ora esaudisca il suo desiderio!» ordina il giunonico spirito, nel suo lungo vestito dorato.
Peppi si gratta la testa:
«Ma perché solo un desiderio?»
«Perché, quanti ne vorrebbe?» gli risponde la signorina.
«Almeno tre!...Come nella favola...»
«E lei crede forse alle favole?!» lo canzona lei. «E poi quella è una fiaba...Ma lasciamo
perdere...»
«Favola, fiaba...Ormai non so neppure io a cosa credere.» afferma il vecchio, sistemandosi
gli occhiali. «Intanto che penso al desiderio, le va per caso di prendere un tè?»
«Volentieri.» risponde la Geniessa, con ritrovata gentilezza. «Ma non cerchi di
drogarmi...Non funziona con noi Geni!»
«Mi legge anche nel pensiero!» esclama Peppi, con sorpresa.
«Non mi serve leggere nel pensiero per capire che lei è un porco patentato!» gli grida
appresso lo spirito, seguendolo in cucina.
«Eeeeh ma com'è brusca, signorina Genia...» commenta il vecchio. Con un gesto la invita
ad accomodarsi al tavolo.
Mette a bollire dell'acqua per il tè e con voce malinconica inizia a raccontare:
«La mia povera, adorata moglie è venuta a mancare otto anni fa...Da allora sono sempre
stato solo, in questa casa...» sospira. «Lei non sa quanto è dura essere soli, alla mia età.»
«La capisco, sa?» gli rivela la Geniessa, in una dimostrazione di umanità che lascia stupito il
vecchio. «Io sono stata da sola per più di cinquant'anni, dentro quel lampadario...E ho pure
qualche secolo in più di lei!» aggiunge in tono scherzoso.
«Ma li porta benissimo, i suoi secoli!» le sorride Peppi.
Spegne il fornello e mentre versa l'acqua bollente nella tazza dell'ospite, con il tono
discreto di chi si sta rivolgendo ad un'autorità superiore, domanda:
«Non potrebbe far resuscitare la mia adorata moglie?»
«In teoria sì, potrei...» risponde la Geniessa, seduta a un lato del tavolo.
Peppi, che regge in mano il pentolino d'acqua bollente, inizia a tremolare dall'emozione.
L'acqua si rovescia un po' da un lato, un po' dall'altro, inondandogli le pantofole.
Il vecchio si morde i baffi in una smorfia tremenda, saltellando sui suoi piedi lessati.
«Potrei farla resuscitare, certo...» ripete la Geniessa, che con tono greve aggiunge: «Ma
purtroppo sua moglie è deceduta da otto anni e il suo corpo ormai sarà ridotto a un
mucchio di ossa...»
Peppi versa quel poco che rimane dell'acqua per il tè nella propria tazza, che poi si riempie
fino all'orlo con le lacrime che improvvise gli sgorgano da dietro gli occhiali.
«In tutta onestà, non credo sia una buona idea farla resuscitare in quelle condizioni.»
conclude tristemente lo spirito magico.
«Povera anima!» esclama con dolore Peppi.
Si asciuga le lacrime con la manica del pigiama e con passo prostatico si incammina al
tavolo, offrendo la tazza di tè alla sua venerabile ospite.
Cerca di sedersi, reggendosi allo schienale della sedia, mentre si incurva come se sulle
spalle tenesse un cucciolo di elefante.
La Geniessa lo osserva dal proprio lato con uno sguardo pietoso.
Lentamente e con fatica, Peppi riesce infine a sedersi.
Le sue chiappe, felici di aver finalmente trovato sollievo, si lasciano andare ad un lungo
fiato.
Nel tentativo di rimediare all'imbarazzo del momento, il vecchio innalza la tazza da tè per
un brindisi.
La Geniessa ricambia il gesto:
«Perché non mi chiede di ritornare giovane e in salute?» gli propone.
«E rinunciare alla mia pensione? E ritornare a lavorare?...No grazie!» risponde Peppi con
prontezza.
Osserva il tavolo e si accorge che manca qualcosa:
«Zucchero?» domanda all'ospite.
La Geniessa corruccia le sopracciglia:
«È questo il suo desiderio? Dello zucchero?»
Si porta il pollice all'orecchino di quarzo bianco che pende dal suo orecchio destro.
Peppi capisce che lo spirito magico sta per esaudire la sua richiesta e subito si scuote con
gesti frenetici:
«No no no!» cerca di fermarla, disperato. «Le stavo solo chiedendo se vuole dello
zucchero!»
«Va bene, ma stia attento: le ricordo che sono un Genio e ogni sua richiesta è un ordine
per me.» lo redarguisce l'entità. «Comunque niente zucchero, grazie: sono a dieta.»
Peppi, assorto nei pensieri, soffia sulla sua tazza fumante:
«Se le chiedessi di farmi diventare miliardario?»
«Non le basterebbero tutti i mobili di questa casa per nascondere così tanto denaro!» gli fa
notare lei. Sorseggia un po' di tè e prosegue: «Certo, potrebbe depositare quei soldi in
Banca...Ma domani si ritroverebbe i funzionari dell'Agenzia delle Entrate qui fuori sul
pianerottolo.»
«Maledetti burocrati!» ringhia il vecchio.
Dalla rabbia, la dentiera gli casca di bocca e finisce dritta nella sua tazza di tè.
Con disinvoltura, la raccoglie con le sue falangi artritiche.
La lascia sgocciolare un poco e poi se la sistema di nuovo in bocca.
All'altro capo del tavolo, la Geniessa osserva la scena con una smorfia di disgusto.
Posa la tazza che tiene tra le mani e se la allontana con discrezione.
«Se le chiedessi la vita eterna?» domanda Peppi, dopo essersi aggiustato la dentatura
posticcia. «Lei ne sa qualcosa, vero?»
«Certo!» risponde la Geniessa. «Ma per lei ha davvero senso chiedere di trascorrere
l’eternità in quel mucchietto di ossa cadenti, appiccicate a quei miseri muscoletti infiacchiti
e a quella pelle raggrinzita…»
«Va bene, va bene, ho capito...» la interrompe il vecchio, in un broncio ferito.
«Perché non mi chiede una donna?» gli propone dunque l'ospite. «Pare che ne abbia
davvero bisogno!»
«Ma lo ha detto pure lei! Con questo corpo disfatto, cosa vuole che faccia con una
donna?» replica mestamente il vecchio, abbassando lo sguardo su di sé. «E poi qui sotto le
campane da morto hanno già suonato.»
«Beh, quello lo posso anche...“resuscitare”.» afferma la Geniessa, facendo drizzare i baffi di
Peppi.
«Sarebbe proprio un bel regalo!» esclama il vecchio, mentre si sfrega le mani. «Se poi,
signorina Genia, volesse restare a farmi compagnia...»
«Lasci perdere, se non vuole restarci secco!» gli ribatte la signorina Genia.
«Sarebbe proprio un bel modo per andarsene da questo mondo!» commenta Peppi con
malizia.
Lo spirito si alza dalla sedia, facendo brillare la sua lunga e maestosa veste dorata:
«Allora, vuole esprimere questo benedetto desiderio?!»
«Eh ma che modi!» borbotta Peppi, ancora seduto al proprio lato del tavolo. «Mi perdoni,
ma dove deve andare così di fretta?»
«Mi perdoni, ma dopo essere stata rinchiusa per cinquant'anni dentro un maledetto
lampadario vorrei andarmene in Sicilia a prendermi un po' di sole!» gli risponde la
Geniessa, con la rabbia che le monta nella voce.
Ma nelle orecchie guaste di Peppi, ora, risuona soltanto una parola, che fa accendere la
proverbiale lampadina sulla sua testa:
«Voglio che il lampadario della mia camera da letto ritorni come nuovo!» afferma l'anziano
padrone di casa.
La sua voce, piena e sicura, esprime la più sincera e solida volontà di esaudire quell'unico
desiderio.
«Vuole che le aggiusti il lampadario della camera?» chiede conferma lo spirito aureo. «È
questo il suo desiderio?»
«Sì!» replica con decisione il vecchio. «Così non ne devo comprare uno nuovo!»
«Spilorcio, ma ragionevole...» commenta tra sé il magico ospite. Poi, con voce cerimoniosa,
esclama: «E sia! Ogni sua richiesta è un ordine!»
I due fanno così ritorno nella camera da letto.
Con un solenne colpo di pollice, la Geniessa fa oscillare l’orecchino di quarzo bianco che
pende dal suo orecchio destro.
Magicamente, le schegge di vetro del lampadario si sollevano dal pavimento,
ricompattandosi e riunendosi alla struttura di metallo.
In pochi istanti, il candeliere torna a pendere dal soffitto, più scintillante e solido che mai.
Con un sorriso fiero e soddisfatto, la brillante Geniessa si congeda così da Peppi.
Il vecchio la saluta con uno sguardo meravigliato, mentre la guarda scomparire in una
nube ocra.
Ora Peppi è di nuovo solo nella propria stanza da letto.
Resta per un po' ad osservare il lampadario fresco di restauro, con aria pensierosa.
Poi afferra la scopa che aveva abbandonato in un angolo della stanza e con un colpo
deciso manda in frantumi il desiderio appena esaudito.
Una grandine di vetro precipita su tutta la stanza e sulla sagoma raggrinzita del vecchio,
che cerca riparo dietro le sue braccia scarne.
Peppi si ripulisce dalle schegge.
Poi si volta in direzione del letto.
Non è apparso nessuno.
«Stavolta mi è andata male.» commenta deluso, con la scopa stretta tra le mani.
Dal comodino accanto all'ingresso, la luce dell'abat-jour inizia a pulsare nevrotica, per poi
spegnersi sui frammenti del desiderio infranto.
Dalla strada, attraverso le tapparelle serrate, si insinua il ritornello di "Chandelier".